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L'UOMO CHE UCCIDEVA A SANGUE FREDDO
(TRAITEMENT DE CHOC)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 1 giugno 1973
 
di Alain Jessua, di Alain Delon, Annie Girardot, Robert Hirsch, Michel Duchaussoy, Jean-François Calvé (Francia, 1972)
 
Opera di un regista promettente (LE MONDE A L'ENVERS), accolto in Francia come un esempio di intelligente rinnovamento, TRAITEMENT DE CHOC denuncia al contrario i limiti ben precisi di una scuola cinematografica che da alcuni anni si muove in molte direzioni, senza riuscire ad imbroccarne una determinante. Privo di uomini-faro, privo di un filone conduttore che riassuma le intenzioni generali, che ne concretizzi le idee, che guidi i talenti più giovani, il cinema francese non riesce a riproporre il momento di Godard e di Resnais, o a cercare nuove dimensioni, come quello italiano o quello americano.

Le intenzioni del film di Jessua sono tutt'altro che disprezzabili: esprimere sotto nuove vesti (fantascienza medica con aggiunta di sempre utili notazioni spettacolari-poliziesche) uno dei grandi temi contemporanei, lo sfruttamento delle popolazioni sottosviluppate da parte della borghesia capitalistica. In una clinica avveniristica della Bretagna, Alain Delon nelle vesti di primario seducente, preleva non solo sangue, ma anche preziose cellule vitali, organi interi tritati, rimpastati e ridotti in fialette da iniettare ai ricchi pazienti parigini stressati. Il guaio è che invece di farlo coi montoni che pascolano attorno alla clinica, lo fa coi portoghesi di turno assunti senza permesso di lavoro e seviziati tranquillamente.

Già a livello di sceneggiatura, è facile comprenderlo, il simbolismo ha la leggerezza del macigno. La parabola è di una trasparenza ingenua, a dir poco. E quando passa alla realizzazione, Jessua non salva di molto le cose. Cosi lontane dall'analisi crudele ma straordinariamente acuta ed originale che Kubrick ha fatto in ARANCIA MECCANICA della strumentalizzazione della violenza, impiegando anch'egli delle immagini che stavano a metà strada fra la fantascienza ed il mondo contemporaneo.

Qui il ricorso al «design», all'alluminio ed alle inquadrature avvenieristiche è di una facilità sconcertante e gratuita, i personaggi in gran parte rozzamente schematizzati. Ed il «suspense» più risaputo finisce con l'avere il sopravvento sulle intenzioni moralizzanti dell'autore. Con la Girardot che saltella come un pollo, inseguita dagli egoisti borghesi del microcosmo della clinica.


   Il film in Internet (Google)

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